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La norma EN 10993-1 stabilisce i principi generali per la valutazione biologica dei dispositivi medici, con l’obiettivo di determinare la loro biocompatibilità. Fornisce un quadro di riferimento per identificare e valutare i rischi biologici derivanti dal contatto del dispositivo con il corpo umano, diretto o indiretto, garantendo così che non provochi reazioni indesiderate durante il suo impiego clinico. 
Gli obiettivi della normativa EN 10993-1
La norma EN 10993-1, parte della serie generale EN 10993, ha come obiettivo primario la definizione di un iter sistematico per la valutazione dei pericoli biologici associati ai dispositivi medici, integrato nell’ambito di un processo della gestione del rischio. 

Lo standard, poi, impone la categorizzazione dei DPI a seconda della natura e della durata del contatto con il corpo umano, nonché la valutazione dei dati pertinenti, ricavati da tutte le fonti. 

Nell’eventualità in cui le informazioni disponibili non siano sufficienti è necessario eseguire test aggiuntivi per garantire la sicurezza biologica dei dispositivi. Lo scopo finale, dunque, è quello di minimizzare il rischio di reazioni avverse nei pazienti, assicurando la conformità alle normative vigenti.
Classificazione dei dispositivi medici secondo la EN 10993-1
La norma EN 10993-1 classifica i dispositivi medici basandosi sulla durata e la natura del contatto con il corpo umano. La suddivisione avviene in categorie che tengono conto del tempo di esposizione e del tipo di interazione con tessuti, fluidi o sistemi corporei. 

Durata del contatto:

Contatto limitato. Meno di 24 ore.
Contatto a breve termine. Fino a 30 giorni.
Contatto prolungato. Oltre 30 giorni.

Natura del contatto:

Contatto superficiale. Dispositivi che entrano in contatto con la pelle o le mucose.
Contatto con fluidi corporei. Articoli che interagiscono con sangue o altri fluidi corporei.
Contatto con i sistemi interni. Dispositivi che raggiungono organi interni o sistemi biologici, come quello circolatorio.

Questa categorizzazione è fondamentale per determinare i requisiti specifici di biocompatibilità e i relativi test da eseguire. Dispositivi con un contatto prolungato o invasivo, infatti, richiedono un’analisi approfondita e una gestione del rischio più complessa rispetto a quelli con interazioni limitate.
I requisiti stabiliti dalla norma EN 10993-1
La norma EN 10993-1 stabilisce una serie di requisiti essenziali per la valutazione biologica dei dispositivi medici, integrata all’interno di un processo di gestione del rischio. Tra questi, vi sono:

Analisi critica dei dati esistenti. Devono essere esaminati tutti i dati rilevanti già disponibili sui materiali e sui dispositivi per individuare eventuali lacune. Ciò consente di determinare se le informazioni esistenti sono sufficienti a valutare la biocompatibilità del prodotto o se sono necessari ulteriori test.
Identificazione delle lacune. Se l’analisi dei dati esistenti non copre tutti i rischi biologici, la norma richiede l’individuazione di eventuali lacune informative e la pianificazione di test aggiuntivi per colmare tali mancanze.
Gestione del rischio. La valutazione biologica deve essere condotta nell’ambito di una gestione del rischio più ampia. Ogni rischio biologico identificato deve essere gestito attraverso misure di controllo appropriate, garantendo la sicurezza del dispositivo medico per l’uso clinico.

I metodi di prova
La norma EN 10993-1 prevede l’esecuzione di esami specifici per valutare il profilo biologico dei dispositivi medici. Il test di citotossicità, regolato dalla sezione ISO 10993-5, determina se i materiali impiegati possono causare danni cellulari e identifica eventuali effetti tossici diretti sui tessuti.

Segue l’emolisi, test previsto dalla parte ISO 10993-4, che verifica la compatibilità del materiale con il sangue. Viene misurata l’eventuale lisi dei globuli rossi a seguito del contatto con l’apparecchio, un parametro critico per dispositivi che interagiscono con il sistema ematico.

Infine, l’analisi chimica, descritta nella ISO 10993-18, consente di identificare e quantificare i composti chimici rilasciati dai materiali. Si tratta di una valutazione indispensabile per stabilire la sicurezza tossicologica degli stessi, accertandosi che non rilascino sostanze potenzialmente nocive durante l’uso clinico.